martedì 25 settembre 2012

Se solo sapeste...

E' disgustoso. Ciò che ha fatto l'uomo bianco è stato veramente disgustoso. Se posso dire la mia, siamo noi europei una delle popolazioni peggiori e barbare sulla faccia dell'intero pianeta. La chiamiamo Repubblica questo Stato, quest'Italia che si fa vanto dell'aggettivo 'democratica'. La mia non è una generalizzazione. Non vi sono pregiudizi, né qualsiasi tipo di razzismo, nelle parole che sto scrivendo. 
Voglio spiegare che orrore ha provocato l'uomo bianco in un episodio storico in particolare, che, appunto particolarmente, mi sta a cuore. Un episodio che comincia dal 1492. E credetemi, era meglio se l'America non l'avessero mai scoperta. Anche se a quel punto, sarebbe stato inevitabile. 


Innanzitutto, prima dell'avvento del deficiente bianco vivevano, solo nell'America del Nord, circa 3 milioni di indiani, mentre nel 1890 gli indiani erano arrivati a 250.000, rifugiati nell'Ovest del Continente. Nell'Est erano già scomparsi come vapore al vento. 

Le tribù erano classificate per famiglie e probabilmente discendevano tutti da una stessa tribù ancestrale dalla quale si originarono tutte le lingue. 

Abbiamo 5 gruppi:

Algonchini - Wakash;
Hoka - Sioux; 
Penuti - Na-Dené;
Aztechi - Tanoan;
Eschimesi - Aleutini. 

Ognuno di questi gruppi riunisce diverse decine di famiglie. I nomi sono troppo numerosi per elencarli qui. 

Il punto del post non è questo. Ma comunque vorrei inserire alcune informazioni iniziali per fare un quadro limpido della situazione.

La natalità era assai inferiore a quella dell'Europa moderna, dove la media di sei individui presso le famiglie contadine, che costituivano allora il 90% della popolazione. 



La donna indiana, inoltre , metteva al mondo tre o quattro bambini, di cui solo due sopravvivevano vista una forte mortalità infantile.  
La mancanza di latte animale obbligava la donna ad un eccessivamente lungo periodo di allattamento che portava la donna all'amenorrea da allattamento, dunque anche sterilità che riduceva le famiglie. Nei periodi di siccità si ricorreva anche all'infanticidio attraverso metodi contraccettivi naturali, come per esempio, tisane. L'uomo indiano si sposava in età avanzata, poiché era doveva prima diventare un abile cacciatore per provvedere alla famiglia. Invece, la mortalità degli adulti era molto più ridotta, soprattutto rispetto all'Europa moderna.
Dunque anche se lenta la crescita della popolazione era regolare. Purtroppo la più grande minaccia era la carestia. La siccità rendeva questi popoli nomadi. I cacciatori emigravano in nuovi territori e i contadini diventavano cacciatori. In casi estremi arrivavano anche al disboscamento per attirare i bisonti nelle loro terre. 

Quando arrivarono i bianchi, questo equilibrio demografico già precario fu sconvolto. Gli indiani non avevano la più pallida idea delle terribili epidemie europee quali peste, vaiolo, sifilide, ecc. 
L'assenza di tali epidemie era dovuta al clima rigido al momento della traversata dell'artico; freddo e difficoltà eliminavano chi era debole o malato, riducendo così il pericolo di contagio. 

Fu così che, missionari, mercanti, avventurieri, contagiarono l'intero continente facendo morire i nativi in pochi giorni e facendo così sparire poco a poco intere tribù a causa anche di colera, tubercolosi, tifo, meningite, malattie alle quali gli indiani non erano per niente preparati e solo dopo moltissimo tempo e un numero imprecisato di vittime riuscirono poco a poco ad immunizzarsi da esse. 
Fu questa, per l'uomo bianco, un'arma infallibile per annientare la combattività degli indiani. Scoprirono, ben presto, che erano i portatori di tali malattie, e le iniziarono ad usare volutamente contro le tribù più ribelli. Come se non fossero bastati i genocidi e le estinzioni di famiglie intere. 

Ma non voglio solo illustrarvi quale abominio il deficiente bianco ha messo in atto. Questo ormai dovreste saperlo tutti anche se sembrerebbe di no, visto le poche occasioni nelle quali se ne è parlato. 

Voglio anche illustrarvi il loro modo di pensare, la loro politica. 

A cominciare dalla loro visione della guerra.
Come scrive Philippe Jacquin nel libro 'La storia degli indiani d'America', "La guerra è figlia dell'aggressività".
 Gli indiani ritenevano che l'aggressività necessaria, oltre che un comportamento naturale.
Essa infatti ha due funzioni importanti:
- impedire la formazione di vaste comunità;
-  l'emergere di uno Stato unico.  


Il guerriero indiano, inoltre, non ha bisogno di uccidere il proprio avversario, gli basta vincere una prova assegnatagli dalla tribù. Per i Crow, per esempio, quattro azioni di guerra erano onorevoli; portar via un cavallo dal campo avversario, appropriarsi delle armi del nemico, tutto ciò che costituiva l'appropriamento di un bottino di guerra era sufficiente a simboleggiare la caduta dell'avversario e a legittimarne lo stato di inferiorità in confronto al vincitore. Da qui il guerriero traeva grande considerazione da tutta la tribù. 


La dichiarazione di guerra veniva annunciata da un emissario che andava dalla tribù ostile. La guerra durava poco tempo e non tutti i guerrieri della tribù erano obbligati a parteciparvi. Le famiglie che avevano perduto uno dei loro in combattimento potevano adottare un prigioniero. Talvolta i prigionieri venivano sacrificati alle divinità, come presso i Natchez, o torturati fino alla morte come presso gli Irochesi. 

Questo però, non dev'essere visto come un segno di barbarie. Pensateci, non fermatevi alle apparenze. Questa usanza impediva dunque l'eccessivo spargimento di sangue. Non praticavano stragi o stermini, o genocidi, come hanno fatto gli europei per secoli nelle guerre, ma semplicemente, quel prigioniero, era l'equo prezzo da pagare per aver assassinato un uomo in guerra. E il numero degli uomini sacrificati agli dei a questo punto, come vi risulterà era molto minore, in confronto alle vittime mietute nelle guerre degli europei e del Continente a fianco (xD ) , innumerevoli e spesso uccise anche per puro divertimento sadico, che non hanno risparmiato nemmeno ai nativi americani, del resto. 

Come dicevo, appunto, la guerra impediva il formarsi di ampie comunità e quindi, di uno Stato. 
Questo rifiuto dello stato spiega l'eguaglianza che regnava tra le tribù. La tribù indiana è profondamente democratica e tra i suoi membri non c'è nesso di prevalenza. 
Nessun membro della tribù è sottoposto a un obbligo di lavoro o di tributo verso un altro. Ognuno caccia e lavora secondo i propri bisogni familiari; una volta soddisfatti i propri bisogni, l'indiano può dedicare il suo tempo al riposo, alla danza, alla dialettica.
'Uguaglianza non significa individualismo forsennato' dice Jacquin. 
Inoltre, nelle tribù vi erano associazioni che si occupavano del rispetto delle regole:
si occupavano della protezione dei campi, del rispetto delle regole della caccia, impedivano l'abbattimento di alberi, e cacciavano i bracconieri, il colpevole veniva privato delle armi e della selvaggina catturata, se resiste può anche essere ucciso. 

Ogni tribù aveva un capo che non aveva alcun controllo sui membri della tribù, ma ne era solamente il portavoce, egli non comanda né istituisce tasse o tributi, ma anzi è il membro più generoso: è lui infatti ad avere l'obbligo nelle festività di distribuire equamente doni ai membri del clan.
Essendo il portavoce della tribù, il capo indiano dispone di un'abile dialettica. Tutti i grandi capi indiani sono noti per il loro talento oratorio.
'La parola del capo non ha potere di legge, egli deve persuadere con la parola, non possiede altro mezzo di pressione sui membri della tribù' . 
E' il capo ad essere al servizio della tribù, non ha alcuna autorità. 

A questo punto penso proprio che non eravamo noi quelli più 'civilizzati' ma erano loro i più evoluti.


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