Senza amore di giorno e senza una lacrima di notte. E' così che consumava la sua vita ormai. Attimo dopo attimo come i morsi dati con la foga di un cane affamato ad un pezzo di carne, solo che lei voleva ingoiare i pezzi di carne con disperata amarezza perchè finissero al più presto, perchè viveva intrappolata in un quadro di angoscia. Immortalata e immobile appariva con lo sguardo perso nel vuoto e torvo aspettando che il dolore prendesse il sopravvento, attraverso i violenti colpi di pennello di un esasperato artista che esprime con tutte le sue lacrime la sua perenne schiavitù.
Devi resistere, tieni duro.
Le diceva la testa. Ma il cuore era ormai straziato dalle sferzate.
E non sapeva quanto ci sarebbe voluto per guarire tutte quelle ferite.
Sangue, quanto sangue nel suo passato. Lei era nella stanza, raggomitolata su sé stessa in un angolo buio. La cascata di capelli d'ebano le nascondevano il viso ormai bagnato di straripanti lacrime ripetitive. Le mani sulle orecchie per coprire le voci che le giravano nella testa, e nel tentativo di spegnere la sua stessa voce. La pazzia la stava guidando sull'orlo dell'oblio e l'oblio le aveva fatto compagnia insieme al dolore, mentre il dolore teneva strettamente per mano la rabbia.
Questa immagine di sè stessa, seppur fosse rimpicciolita nel suo subconscio più nascosto, sapeva che viveva con lei, sapeva che quella parte straziata da quell'antico dolore atroce, viveva e continuava a persistere con lei. Si era mentita spudoratamente, ma l'aveva fatto per salvarsi dalla morte, e ci era riuscita!
Ma ci era riuscita anche perchè sapeva di poter vincere. Sapeva che c'era ancora speranza. Ma una speranza certa. Non una mera credenza in un esito utopico che non sarebbe mai potuto esistere.
Tutto quell'universo di emozioni lo ritrovò nelle pagine de l'Intervista col Vampiro di Anne Rice del 1975. Ma prima ancora di quello, l'estate scorsa con il terzo volume della stessa autrice, La Regina dei dannati. Tutto ciò che sentiva era lì. Quel libro descriveva la bufera di emozioni , di sentimenti, di tormenti, di alterazioni, di disperazioni, di commenti, di accettazioni dell'Io, ripensamenti, di obblighi, di pianti che costituiva tutto ciò che vorticava nella sua testa.
Dopo di che non ce la fece più.
Ne aveva abbastanza di quel vortice disperato, fatto di rabbia e di frustrazione, voleva qualcosa di leggero, di colorato che fosse diverso da tutto ciò che fino a quel momento le aveva riempito il cuore malevolmente come l'acqua in un bicchiere stracolmo.
Voleva salvarsi dall'affogare in quel bicchiere troppo stretto. E così, prese qualcosa, che aveva dimenticato. Qualcosa che apparteneva alla ragazzina che fu tanti anni fa e che volle dimenticare, perchè in realtà, quella ragazzina la disprezzava.
Ma quel giorno no. A volte viene il momento in cui si mette da parte tutta la rabbia - e viene praticamente naturale - e questa lascia posto alla calma e ad un - non più disperato ma - sincero, allegro, sorridente bisogno di riconciliarsi con chi si ha litigato.
Ebbene, lei aveva litigato con quella bambina. Non aveva messo in pace se stessa.
Fino ad allora.
Questo qualcosa, era un libro. Uno di quei libri che spesso leggeva cinque anni fa.
La trilogia completa delle Cronache del Mondo Emerso.
Era arrivata a metà del secondo libro. E ancora non aveva finito di leggere un capitolo le cui ultime pagine erano rimaste in sospeso per anni con una promessa che non si realizzava mai, per un motivo o per un altro.
Ma che importava. Ormai era lì, e lo stava leggendo.
Strano. Erano soltanto sette pagine che rimanevano di quel capitolo. All'epoca le erano sembrate tante. E si stancò subito, non solo perchè le pagine sembravano tante, ma perchè ormai riteneva il fantasy troppo lontano dalla realtà.
Ma quando riscoprì, diventando mezza adulta, il mondo dei vampiri, degli elfi, delle sirene, dei licantropi, e sapendo orientarsi con abilità e con maturità tra quelle che erano le storie di qualità e non, si rese conto che il fantasy era morto in lei, perchè era morta la fantasia.
E la fantasia non deve mai morire. Mai.
Si ricordò del perchè le piaceva leggere Licia Troisi. Si ricordò perchè adorava Xena, la serie tv. Perchè rappresentavano tutto ciò che lei era sempre stata. Sia in questa che nella vita precedente.
Lei era una guerriera. Lei poteva vincere quest'inferno perchè era una guerriera. Sapeva di esserlo. E sapeva di essere identica a tutte le protagoniste che studiava con vorace interesse nelle storie fantasy.
Si sorprese scoprendo da dove avesse preso, come un figlio prende dal padre, il coraggio, e la forza e la fiamma ardente della vita.
Nihal, della Terra del Vento, aveva sempre vissuto in lei. Era come lei.
Xena era presente nella sua tenacia e nella sua caparbietà.
Dubhe era oscura come lei, perchè sapeva che entrambe avevano in comune lo stesso inferno.
E guardandomi allo specchio, vedendo ciò che vedeva lei, comprendendo poco a poco, che se alzavo io il braccio, con sincronia lo alzava anche lei, mostrai il mio volto a quella figura e lei mi mostrò il suo.
A quel punto realizzai che quella ragazza imprigionata nella stanza, non potevo essere che io.